"L'approccio strategico nell'ambito della psicoterapia può essere definito come l'arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni apparentemente semplici" G. Nardone

Autore: dr.ssa Maria Chiara Pagnottelli (Pagina 5 di 10)

Laureata con lode alla facoltà di psicologia de "La Sapienza" in Roma nel 2001
Specializzata in Psicoterapia breve ad approccio strategico presso ISP di Roma, nel 2013.
Ha conseguito un master in psicologia giuridica presso l'ISP di Roma nel 2012
E' master practitioner di PNL dal 2019
Lavora presso il proprio studio privato come psicologo evolutivo e psicoterapeuta

Il conflitto tra fratelli

Il conflitto tra fratelli rappresenta per molti genitori una fonte di stress famigliare che rende difficili e pesanti le interazioni all’interno dell’ambiente domestico: tuttavia esso è, entro certi limiti, sano e naturale. Ogni figlio cerca un posto speciale nel cuore di mamma e papà.

Alcuni bambini sperimentano un rapporto strettissimo con le figure accudenti: alcuni bambini hanno un vero e proprio harem per farsi coccolare! Figli unici, nipoti unici di nonni e zii, hanno un mondo di adulti disponibili. In questo caso i bambini devono faticare molto per mantenere la pole position all’arrivo del nuovo bebè e i repertori comportamentali messi in atto per raggiungere questo scopo, saranno  i più disparati e cambieranno a seconda dell’indole e dei risultati ottenuti.

Quando un conflitto è sano?

Un moderato conflitto tra fratelli è sano quando permette ad ogni membro di trovare la propria strada  e se  non comporta l’umiliazione dell’altro; esso insegna ai bambini a competere con i pari, ad esprimere la propria unica personalità, sfoderando i propri aspetti migliori (astuzia, coraggio, competitività, auto-affermazione, intelligenza, pazienza).

Il conflitto tra fratelli serve per:

•Conquistare un ruolo nella famiglia (lo sportivo, il coraggioso,il buono,l’ intelligente,lo  spavaldo,lo studioso) •Attirare l’attenzione dei genitori (fare la spia, litigare vistosamente a tavola, criticare duramente il fratello davanti a tutti)

•Definire i confini dell’altro: spesso i fratelli minori vivono il rapporto con i fratelli maggiori come fonte di affetto e rassicurazione che gli adulti non danno. I fratelli maggiori possono talvolta fuggire da questo ruolo, o limitarlo, soprattutto quando la coppia genitoriale non ne riconosce il valore.

E’ bene intervenire o lasciar fare i figli che litighino?

I conflitti tra fratelli possono creare stress e tensioni in famiglia e tra genitori, in questo caso è opportuno intervenire Il litigio può essere un’occasione di scambio aperto: è opportuno facilitare lo scambio di opinioni attraverso un ascolto attento e rispettoso .

Raramente il litigio si limita al fatto che lo ha scatenato: spesso infatti sottende gelosie e competizioni. È bene prevenire il litigio riducendo i motivi che lo hanno causato.

La conflittualità tra fratelli offre una occasione per insegnare ai bambini ad esprimere in modo efficace le emozioni negative

Cosa possono fare i genitori per portare
maggiore serenità alla vita domestica?

•osservare il tipo di conflitto: quando, dove, come, con chi e perché si presentano i litigi

•Definire tempi e spazi chiari all’interno della famiglia •Mantenere la privacy: ogni figlio accetta l’educazione dal genitore, ma  non necessariamente dai fratelli: è opportuno che alcune questioni educative sia in privato col genitore, in particolare durante l’adolescenza

•Valorizzare le differenze e i talenti  individuali

•Circoscrivere i rimproveri al comportamento sbagliato

•Dare l’occasione ai propri figli di riparare ad una cattiva azione

 

Comunicare in modo efficace

Il sentiero della nonviolenza richiede molto più coraggio di quello della violenza.
(Mahatma Gandhi)

Chi volesse cimentarsi a stupire i propri famigliari con la saggezza delle parole o a risolvere vecchie ruggini può seguire i 4 passi della comunicazione non violenta e trovare reazioni sorprendenti negli altri.
Ideata da Rosenberg negli anni ’60, si fonda sulla capacità , da parte di chi parla, di far appello ad emozioni e bisogni per comprendere l’interlocutore e raggiungere il proprio obiettivo comunicativo.
Ogni persona che interagisce ha uno scopo: gli scopi possono essere variegati, ma tutti partono da una emozione che si manifesta con un bisogno.
Il bambino che piange, l’automobilista che suona il clacson, la moglie che brontola hanno tutti una richiesta da fare: se si riesce a comprendere questa richiesta si può prevenire un litigio.

Il primo passo è sicuramente osservare; capire cosa sta facendo l’altra persona è importantissimo per poter comprendere cosa la spinge a farlo. Le neomamme ad esempio sono abilissime nell’osservare il piano dei propri neonati; fame, sonno freddo,  malessere; le mamme riescono ad osservare la situazione e a capire il  motivo del pianto, perché sanno che il proprio figlio non sa parlare  e non può chiedere, se non comunicando una emozione.

L’osservazione efficace è libera dalla valutazione e dal giudizio, essa porta alla comprensione dei bisogni, delle emozioni, dei sentimenti, sia  propri che altrui. Comprendere cosa accade in noi quando siamo infastiditi o capire cosa spinge le persone intorno a noi ad essere petulanti, lagnosi, brontoloni, può rendere più sopportabile i loro comportamenti e perfino modificarli velocemente, spesso è sufficiente riconoscere al prossimo il diritto di essere arrabbiato, infastidito, geloso, o di provare una emozione per avere subito una apertura al dialogo.

Ci sono occasioni però in cui non si è in grado di verbalizzare i bisogni, neanche nella vita adulta, ed è allora necessario che, chi ci sta intorno, sappia osservare il comportamento e la situazione in cui si manifesta, per poterci aiutare. Certe volte siamo noi ad essere chiamati a fare il primo passo verso gli altri. Chi possiede le chiavi della comunicazione empatica, sa cambiare una serata storta, di sollevare qualcuno da un fardello, di donare il sorriso.

Prendersi la responsabilità di ciò che si prova è un ulteriore cambiamento nella relazione: gli altri possono stimolare alcune reazioni, ma siamo sempre noi a controllare come reagire: di fronte ad uno stesso insulto, le persone hanno moltissime sfumature di comportamenti, dalla aggressione alla autocolpevolizzazione.

Al di là dell’azione finale, si possono leggere i comportamenti degli altri in quattro modi: incolpare gli altri, incolpare sé stessi, percepire i propri sentimenti e le proprie emozioni, percepire i sentimenti e  i sentimenti degli altri.

Ogni persona è responsabile di come reagisce: più si comprendono le proprie emozioni, più si può essere efficaci nel chiedere aiuto e nel dire di cosa si ha bisogno, e più è probabile essere soddisfatti.

Non sempre si verrà soddisfatti: talvolta le persone avranno bisogno di tempo per abituarsi ad un modo di comunicare rispettoso e non essere spiazzati dall’onestà, talvolta le necessità personali possono essere inconciliabili, ma si potrà comunque evitare l’amarezza dovuta all’incomprensione e alla reciproca accusa.

Comunicare in modo efficace è un allenamento, una abilità da affinare continuamente.

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