"L'approccio strategico nell'ambito della psicoterapia può essere definito come l'arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni apparentemente semplici" G. Nardone

Categoria: genitorialità (Pagina 3 di 4)

Ciclo vitale della famiglia

La famiglia nella ottica sistemica-relazionale rappresenta un insieme che funziona come un organismo ed, essendo formata da individui, assume le stesse fasi del ciclo di vitale degli esseri viventi. Ogni fase rappresenta un cambiamento, identificabile con una crisi. Queste crisi sono normalmente evolutive e attengono ad eventi normativi, ossia avvenimenti comuni e fisiologicamente attesi.
Formazione della coppia coniugale con la conseguente separazione dalle famiglie di origine.

Questa fase comporta la creazione di altri legami di attaccamento rispetto a quelli avuti con i propri genitori. I membri della coppia devono infatti fondere insieme le loro individualità, le loro culture di provenienza e i loro stili di vita per crearne uno nuovo: secondo Withaker (in Ardone & Mazzoni, 1994) la coppia coniugale rappresenta lo sforzo di fondere due culture in una sola. A tale proposito Haley (in Ardone & Mazzoni, 1994), ritiene che la coppia debba formare delle meta-regole che la aiutino ad affrontare le differenze individuali, derivanti dagli apprendimenti sociali, familiari e relazionali dei clan di provenienza.

Nascita dei figli.

Sebbene nell’immaginario collettivo la nascita di un figlio sia l’evento maturativo e responsabilizzante per eccellenza, talvolta, invece di rappresentare un ulteriore passo verso l’emancipazione, esso rappresenta per le famiglie di origine una occasione di invischiamento nella coppia con la volontà di inglobare il nuovo nato nei clan di origine. Tuttavia accade che anche le coppie apparentemente svincolate dalle famiglie di origine affrontino tale crisi in modo disfunzionale , includendo il figlio in una conflittualità coniugale anche latente, creando un legame simbiotico tra un genitore e il figlio che rende l’altro genitore periferico. In questo gioco triadico non entrano solamente le aspettative genitoriali, ma concorrono anche le caratteristiche del bambino che mostra spiccate capacità sociali e relazionali (Ardone & Mazzoni, 1994). Un buon legame genitoriale tuttavia utilizza queste abilità per promuovere la crescita psicologica e sociale del figlio.

Uscita di casa dei figli.

Tale fase è stata spesso definita come “nido vuoto”, in cui lo status di adulto del figlio coincide con una perdita di ruolo del genitore, spesso della madre. Tale fase risulta critica perché include anche l’accettazione di cambiamenti somatici, come la fine del periodo riproduttivo della donna. La coppia si trova di nuovo sola e deve ricostruire gli spazi di intimità, non più limitati dalla presenza dei figli. Ciò comporta un nuovo equilibrio relazionale, in un momento di doppia fragilità, personale e familiare.

Invecchiamento.

Rappresenta il momento dopo l’età matura in cui le energie della coppia ripiegano all’interno della stessa, dopo numerosi anni o trascorsi nell’ impegno sociale (lavorativo, politico), o ad occuparsi degli altri (figli, genitori anziani). Spesso tale fase coincide con delle modificazioni della funzionalità del corpo e con l’accettazione dell’inizio della età senile. Non è infrequente che, a causa dell’età avanzata di riproduzione, la coppia si trovi a vivere insieme lo svincolo dei figli e i primi segnali di invecchiamento.

Queste crisi possono essere affrontate in modo disfunzionale dalla coppia e portare a estrema conflittualità, fino ad arrivare ad una vera e propria separazione.

Talvolta ad esse si sommano eventi paranormativi, come morti premature di familiari stretti o di filgi, malattie croniche, degenerative, invalidanti,  che appesantiscono e disgregano l’unità familiare: non tutte le coppie riescono ad assorbire tali urti.

Può essere allora necessario un supporto psicologico che aiuti nella creazione di nuovi equilibri più funzionali.

L’ascolto del minore in caso di separazione o divorzio

Recentemente anche in Italia si sta diffondendo la consapevolezza dell’ opportunità di coinvolgere il minore anche nei processi di mediazione. Il mediatore infatti può raccogliere difficoltà nella coppia ad entrare in contatto con i bisogni dei figli. In ottemperanza agli articoli di legge che sanciscono il diritto del figlio alla bi-genitorialità, ad una educazione rispettosa di aspirazioni e attitudini, al mantenimento dei legami con gli ascendenti di entrambe le parti genitoriali e all’espressione delle proprie opinioni nelle decisioni che lo riguardano, il mediatore non può prescindere dall’ascolto del minore, laddove egli non veda rispetto o consapevolezza nei genitori circa i bisogni della prole.
Allo scopo di valutare le effettive necessità del minore, il mediatore può intervenire in modo sistemico, utilizzando colloqui anche con l’intero sistema familiare, allo scopo di rendere il futuro accordo più funzionale e rispondente ai reali bisogni: egli infatti si pone anche come consigliere esperto, in grado di leggere ed esplicitare emozioni latenti ma vivide nel sistema.
L’ascolto del minore per questioni inerenti l’affidamento comporta una duplice valutazione; da una parte infatti va rilevato il funzionamento del singolo genitore e della relazione diadica che esso ha instaurato col figlio, dall’altra vanno osservate anche le relazioni della famiglia insieme, per verificarne le forme di comunicazione e la disponibilità al cambiamento. E’ opportuno allora incontrare la famiglia al completo, oltre ai singoli componenti, quanto meno in fase valutativa, allo scopo di evidenziarne il funzionamento sistemico.
Insieme al colloquio, strumento principe del mediatore, è possibile utilizzare in fase di valutazione, anche test specifici che elicitino forme di cooperazione.

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