"L'approccio strategico nell'ambito della psicoterapia può essere definito come l'arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni apparentemente semplici" G. Nardone

Categoria: psicoterapia (Pagina 2 di 7)

Conflitti tra fratelli

Studio di psicoterapia strategica breve

dr.ssa Maria Chiara Pagnottelli




“Per i genitori la cosa più importante è comprendere e rispettare le esigenze dei propri figli, per poi stabilire i limiti comportamentali”

Kaniak-Urban , Lex Kachel

Il conflitto tra fratelli rappresenta per molti genitori una fonte di stress famigliare che rende difficili e pesanti le interazioni all’interno dell’ambiente domestico: tuttavia esso è, entro certi limiti, sano e naturale.
Esso è naturale: se nostro marito o nostra moglie ci parlassero per nove mesi di una nuovo partner che presto verrà ad allietare le nostre case, come minimo avremmo una crisi d’ansia; se poi all’arrivo in casa, questi fosse sempre tra le braccia del nostro beneamato, sarebbe fonte di rabbia e disperazione, tanto più quanto il partner ci rimproverasse di essere insensibili o cattivi nel reclamare tempo e spazi solo per la coppia originaria.
In questa luce quindi, le naturali raccomandazioni che gli adulti fanno al figlio primogenito, non solo non sono sufficienti, ma sono spesso fonte di ulteriore insicurezza. Ogni figlio cerca un posto speciale nel cuore di mamma e papà e, sentirsi dire che l’amore basta per tutti, è tutt’altro che risolutivo del malessere provato. Si può quindi immaginare che solo la certezza di mantenere parte dell’esclusività del rapporto e il raggiungimento di un nuovo e soddisfacente ruolo all’interno della famiglia può contenere la gelosia e permettere la creazione di un rapporto sano e affettuoso con la fratria.
Ovviamente il rapporto genitore figlio non è in natura esclusivo come quello di coppia, ma alcuni bambini sperimentano un rapporto strettissimo con le figure accudenti: alcuni bambini hanno un vero e proprio harem per farsi coccolare! Figli unici, nipoti unici di nonni e zii, hanno un mondo di adulti disponibili. In questo caso i bambini devono faticare molto per mantenere la pole position all’arrivo del nuovo bebè e i repertori comportamentali messi in atto per raggiungere questo scopo, saranno i più  i più disparati e cambieranno a seconda dell’indole e dei risultati ottenuti.
Il nuovo ruolo ricoperto dal primogenito può non essere soddisfacente, alcuni bambini si comportano come “pecora nera”, sfidando gli adulti e attirando attenzioni negative su di sé; sebbene nessun genitore sia felice di ciò, gli adulti possono in alcuni casi concorrere a consolidare questo ruolo negativo.

Anche il comportamento degli altri fratelli influenza il mantenimento dei pattern comportamentali: per mantenere la propria unicità ogni figlio riveste un ruolo differente; le famiglie con più di due figli sapranno descrivere con una parola ogni membro, a testimonianza del valore che il sentirsi riconosciuto in un ruolo ricopre all’interno delle dinamiche famigliari. Le aspettative e le risposte emotive dei genitori possono stabilizzare i ruoli, rendendoli rigidi: i figli possono allora accettare il ruolo o fuggire all’esterno, costruendosi una identità soddisfacente al di fuori della famiglia ( ad esempio con un gruppo di pari).

Un moderato conflitto tra fratelli quindi è sano quando permette ad ogni membro di trovare la propria strada  e se  non coinvolge scontri finalizzati alla umiliazione dell’altro, esso insegna ai bambini a competere con i pari, ad esprimere la propria unica personalità, sfoderando i propri aspetti migliori (astuzia, coraggio, competitività, auto-affermazione, intelligenza, pazienza).
Il conflitto tra fratelli serve per:

  • Conquistare un ruolo nella famiglia (lo sportivo, il coraggioso,il buono,l’ intelligente,lo  spavaldo,lo studioso)
  • Attirare l’attenzione dei genitori (fare la spia, litigare vistosamente a tavola, criticare duramente il fratello davanti a tutti)
  • Definire i confini dell’altro: spesso i fratelli minori vivono il rapporto con i fratelli maggiori come fonte di affetto e rassicurazione che gli adulti non danno. I fratelli maggiori possono talvolta fuggire da questo ruolo, o limitarlo, soprattutto quando la coppia genitoriale non ne riconosce il valore.

Sebbene sia impossibile eliminare la conflittualità tra fratelli, alcune strategie sono utili per  renderle gestibili:

  1. osservare il tipo di conflitto: quando, dove, come, con chi e perché si presentano i litigi. Queste indicazioni rappresentano la base del diario di osservazione per comprendere quale dinamica si cela dietro al conflitto.
  2. Definire tempi e spazi chiari all’interno della famiglia; in ogni casa ci sono stanze comuni come: cucina, soggiorno, bagno, che la famiglia usa secondo regole condivise, e spazi personali che devono essere riservati. Tra queste c’è la camera matrimoniale, che deve il più possibile rimanere off-limits, anche nel caso in cui la famiglia sia monoparentale.
  3. Mantenere l’autorità; ogni figlio accetta l’educazione dal genitore, ma  non necessariamente dai fratelli: è opportuno che alcune questioni educative sia affrontate nel rispetto della privacy .
  4. Rimandare ad ogni figlio una idea positiva di sé stesso: anche il bambino più monello e capriccioso ha delle doti uniche e  apprezzabili, le persone non si possono etichettare con un solo comportamento, ma cambiano ruolo nei diversi contesti e nell’arco della vita. Un bambino non è sempre e solo pasticcione oppure pigro oppure disubbidiente ma lo sarà talvolta , mentre in altri contesti sarà abile, generoso, simpatico. Mirare i rimproveri al comportamento funziona sempre!
  5. Dare l’occasione ai propri figli di riparare ad una cattiva azione: aiuta a comunicare meglio e crescere, perché incrementa il repertorio comportamentale e quindi le strategie di funzionamento.

 

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I capricci, l’opposizione e la fase del no

Il capriccio è un comportamento fisiologico tra 18/24 mesi e i 4 anni, quando lo sviluppo cognitivo della mente permette di comprendere la differenza tra il me  e il non me.

Il bambino in questa fascia d’età, impara anche a mentire: percepisce cioè che l’altro (mamma, papà, nonni) non hanno le stesse percezione e le stesse conoscenze, ma possono anche non essere al corrente degli eventi che accadono: se il bambino è solo e rompe un vaso ad un anno d’età non è in grado di capire che la mamma non può averlo visto, consapevolezza assodata a 4 anni. Ne consegue che quindi il bambino può manipolare gli altri, pensare cose diverse e quindi opporsi! La reazione suscitata nell’altro è una vera scoperta, utile anche al riconoscimento delle proprie emozioni.

Il neonato appare dotato di una gamma di emozioni ancora non completa: la felicità, la gioia, la paura,la rabbia  il disgusto,  sono  primarie mentre altre come il pudore, la vergogna, l’orgoglio compaiono gradualmente.

La manifestazione emotiva degli adulti di riferimento permette al bambino il riconoscimento delle proprie emozioni, come in uno specchio, e proprio come di fronte ad un modello , impara le reazioni comportamentali a tali emozioni, attraverso le reazioni degli adulti di riferimento. La risposta della mamma al sorriso mi insegna a sorridere, quella alla rabbia mi insegna ad arrabbiarmi.

Gli adulti non reagiscono solo all’emozione ma mediano le risposte in base al proprio stile educativo, cioè ad un insieme di convinzioni , valori che costituiscono un piano educativo più o meno consapevole. Sebbene non sia possibile (e nemmeno auspicabile!) essere sempre coerenti con il proprio progetto educativo, è essenziale mantenere una discreta coerenza.

Ciò che favorisce conflitti con i figli  invece è l’utilizzo incoerente dello stile educativo, di fronte alla stessa regola: ad esempio un genitore potrebbe essere permissivo e  concedere al figlio di non  mangiare le verdure alcuni giorni, ad esempio la domenica durante il pranzo con i nonni, mentre potrebbe essere rigido e costrittivo, obbligandolo a mangiare verdure  durante la settimana, quandosi  cena col nucleo famigliare ristretto.   Si intuisce allora che il bambino, di fronte alla incoerenza sia confuso oppure cerchi di sfruttare la situazione per “piantare un capriccio” evitando magari di mangiare le odiate verdure! Se il capriccio ha la meglio è probabile che si ripeta ancora , magari esteso anche ad altri contesti.  Ad esempio, un genitore estenuato dai capricci acconsente all’acquisto di un giocattolo al supermercato, consolidando così il comportamento fastidioso.

Questa dinamica avviene spesso in situazioni imbarazzanti o conflittuali, quando l’adulto percepisce come più sconveniente intervenire per smorzare il capriccio, rispetto al derogare alla regola. Se il bambino coglie questa “debolezza” nel sistema di regole è probabile che ne approfitti e sperimenti così un senso di potenza e controllo sugli adulti.

Alcune volte gli interventi educativi non vengono accettati perché ritenuti inadatti: il bambino percepisce come“stonato” l’intervento, rispetto al comportamento solito o al carattere del genitore.

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