Il sentiero della nonviolenza richiede molto più coraggio di quello della violenza.
(Mahatma Gandhi)

Chi volesse cimentarsi a stupire i propri famigliari con la saggezza delle parole o a risolvere vecchie ruggini può seguire i 4 passi della comunicazione non violenta e trovare reazioni sorprendenti negli altri.
Ideata da Rosenberg negli anni ’60, si fonda sulla capacità , da parte di chi parla, di far appello ad emozioni e bisogni per comprendere l’interlocutore e raggiungere il proprio obiettivo comunicativo.
Ogni persona che interagisce ha uno scopo: gli scopi possono essere variegati, ma tutti partono da una emozione che si manifesta con un bisogno.
Il bambino che piange, l’automobilista che suona il clacson, la moglie che brontola hanno tutti una richiesta da fare: se si riesce a comprendere questa richiesta si può prevenire un litigio.

Il primo passo è sicuramente osservare; capire cosa sta facendo l’altra persona è importantissimo per poter comprendere cosa la spinge a farlo. Le neomamme ad esempio sono abilissime nell’osservare il piano dei propri neonati; fame, sonno freddo,  malessere; le mamme riescono ad osservare la situazione e a capire il  motivo del pianto, perché sanno che il proprio figlio non sa parlare  e non può chiedere, se non comunicando una emozione.

L’osservazione efficace è libera dalla valutazione e dal giudizio, essa porta alla comprensione dei bisogni, delle emozioni, dei sentimenti, sia  propri che altrui. Comprendere cosa accade in noi quando siamo infastiditi o capire cosa spinge le persone intorno a noi ad essere petulanti, lagnosi, brontoloni, può rendere più sopportabile i loro comportamenti e perfino modificarli velocemente, spesso è sufficiente riconoscere al prossimo il diritto di essere arrabbiato, infastidito, geloso, o di provare una emozione per avere subito una apertura al dialogo.

Ci sono occasioni però in cui non si è in grado di verbalizzare i bisogni, neanche nella vita adulta, ed è allora necessario che, chi ci sta intorno, sappia osservare il comportamento e la situazione in cui si manifesta, per poterci aiutare. Certe volte siamo noi ad essere chiamati a fare il primo passo verso gli altri. Chi possiede le chiavi della comunicazione empatica, sa cambiare una serata storta, di sollevare qualcuno da un fardello, di donare il sorriso.

Prendersi la responsabilità di ciò che si prova è un ulteriore cambiamento nella relazione: gli altri possono stimolare alcune reazioni, ma siamo sempre noi a controllare come reagire: di fronte ad uno stesso insulto, le persone hanno moltissime sfumature di comportamenti, dalla aggressione alla autocolpevolizzazione.

Al di là dell’azione finale, si possono leggere i comportamenti degli altri in quattro modi: incolpare gli altri, incolpare sé stessi, percepire i propri sentimenti e le proprie emozioni, percepire i sentimenti e  i sentimenti degli altri.

Ogni persona è responsabile di come reagisce: più si comprendono le proprie emozioni, più si può essere efficaci nel chiedere aiuto e nel dire di cosa si ha bisogno, e più è probabile essere soddisfatti.

Non sempre si verrà soddisfatti: talvolta le persone avranno bisogno di tempo per abituarsi ad un modo di comunicare rispettoso e non essere spiazzati dall’onestà, talvolta le necessità personali possono essere inconciliabili, ma si potrà comunque evitare l’amarezza dovuta all’incomprensione e alla reciproca accusa.

Comunicare in modo efficace è un allenamento, una abilità da affinare continuamente.